00 04/07/2011 22:40
IL TRENTA MAGGIO


Ei fu: il re degli immobili, dato il mortal referto,
vide lo spoglio infausto, trombarlo ormai per certo.

Così, percosso e attonito, a terra si accasciò,
muto pensando al popolo, che dunque lo bocciò.

Invan promesse e favole, aveva dispensato,
invan ci inflisse ignobili concioni, esagitato.

inutili la Mediaset e il mare di sondaggi
con cui sommerse, impavido, l’Italia e i suoi paraggi:

la verità dell’urne – gli piacque o non gli piacque –
gli inferse la mazzata, onde, infelice, tacque.

Ed or visi funerei s’aggirano stravolti,
i bei sorrisi arcòrei, tosto si son dissolti,

lasciando ai mesti volti i segni del dolor:
tutto è perduto, dicono, purtroppo anche l’onor.

Dall’Alpi a Castrovillari, ai lidi maremmani
piangono calde lacrime i Bondi e gli Schifani.

Eh, beh, caro onorevole, non sempre può far festa,
suvvia non faccia il tragico, sollevi pur la testa.

Lei ch’è un forzuto italico, potente, astuto e ricco,
ritroverà gli stimoli per non colare a picco.

E se il suo amor tradito dall’itale contrade
le fa provare i triboli, tenti con altre strade.

Rifletta che l’amore – mio caro Berlusconi –
nessun può accaparrarselo soltanto coi milioni,

né giova dare al prossimo dei pirla e dei coglioni
solo perché dissentono dalle di lei opinioni.

Finisce qui, per ora, il tempo del suo imperio,
dia retta a me, non s’agiti: cerchi d’esser più serio!


L'amore è un'erba spontanea, non una pianta da giardino.
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